La vittoria della Casa d’Asburgo nelle Guerre Italiane (1494-1559) aprì un periodo di pace e sicurezza in Italia. Le Guerre Italiane furono una serie di otto conflitti combattuti sul suolo italiano e come obiettivo finale aveva la supremazia in Europa. Al termine della guerra, la Spagna si affermò come la principale potenza continentale, avendo sotto la sua dominazione gran parte della penisola italiana (gli unici Stati Italiani in avere una certa autonomia furono la Repubblica di Venezia ed il Ducato di Savoia.
Carlo I visita a Francesco I dopo la Battaglia di Pavia -Richard Parkes Bonington- |
Nel passato, furono molti gli storici che vedevano quel periodo come un tempo scuro che era successo la brillantezza del Rinascimento. Dispotismo, Controriforma e intolleranza sostituirono la libertà, riformismo e tolleranza, per colpa della dominazione spagnola.
Certo che questa interpretazione è adesso in revisione da una nuova generazione di storici. Il dominio spagnolo sarebbe un domino duale tra le Corti Spagnole e le Corti Italiane.
La vittoria della Casa d’Asburgo fu anche la fine di una epoca turbolenta, dove l’insicurezza e la violenza furono sostituite dalla stabilità ed una lunga pace. Ma tutto questo non si traduceva per l’Italia in una crescita economica e culturale almeno come quella che aveva caratterizzato il Rinascimento. Per quello, gli studiosi della storia italiana non prestano molta attenzione alla dominazione spagnola e al Barocco. Esiste l’abitudine di rappresentare quel periodo come uno spazio vuoto, dove escono solo alcuni personaggi bravi come Bruno, Campanella o Galileo. Un esempio chiaro può essere Harry Hearder che a difendere la sua opera “Breve storia d’Italia” aveva affermato:
“Quelli specialisti che hanno manifestato recentemente le lagnanze per la poca attenzione che hanno avuto i periodi spagnoli e barocco mi accuseranno di contribuire alla prolunga dello scompenso che adesso ha un carattere tradizionale (...). Le interpretazioni tradizionali non sono sempre sbagliate.”
Anche lui afferma che non ha prestato molta attenzione all'Età Moderna e nessuna alla dominazione spagnola perché non c’è niente da raccontare su questo periodo, non succede niente (quest’idea essendo molto diffusa soprattutto nel pensiero anglosassone).
All’ora di comprendere i secoli XVI e XVII, in linee generale si vedeva come un periodo declivio se si paragona con il secolo XV:
Secolo XV
Libertà Politica
Riforma e Rinnovazione
Libertà di pensiero, umanismo
Pensiero scientifico
Sviluppo del Capitalismo
Secoli XVI-XVII
Dominazione straniera
Controriforma e conservatorismo
Censura, neoscholasticism, intransigenza.
Teologia
Rifedualizzazione
La storiografia ci mostra un panorama bruttissimo di un periodo luminoso che è seguito da una nuova “Età del ferro”, siccome il Sacco di Roma nell’anno 1527 è un punto di non ritorno per le truppe dei lanzichenecchi dell’Imperatore Carlo V d’Asburgo e I di Spagna. Il Sacco causò danni incalcolabili sul patrimonio della città. Così è stato raccontato da Francesco Guicciardini nella sua opera “Storia d’Italia”:
“ Tutte le cose sacre, i sacramenti e le reliquie de' santi, delle quali erano piene tutte le chiese, spogliate de' loro ornamenti, erano gittate per terra; aggiugnendovi la barbarie tedesca infiniti vilipendi. E quello che avanzò alla preda de' soldati (che furno le cose più vili) tolseno poi i villani de' Colonnesi, che venneno dentro. Pure il cardinale Colonna, che arrivò (credo) il dí seguente, salvò molte donne fuggite in casa sua. Ed era fama che, tra denari, oro, argento e gioie, fusse asceso il sacco a più di uno milione di ducati, ma che di taglie avessino cavata ancora quantità molto maggiore.”
Dopo il 1527, la direzione è seguita dalla crescente tutela politica e militare spagnola, che esigeva una assoluta sottomissione in tutte i sensi. Molti pensano che se la Francia avesse vinto la guerra, gli italiani avrebbero avuto prima o poi la libertà, perché la Francia era una nazione moderna, ma quella che aveva preso come sua il suolo italiano era lungi dallo spirito del Rinascimento e aveva imposto, insieme al suo dominio, un’ideologia antimoderna.
Debolezza morale, l’indietreggiamento economico, la corruzione dell’abitudine, fanatismo... furono elementi che la letteratura e la storiografia del Risorgimento avevano oscurate facendo così brillare la nuova Italia Unita. Possiamo apprezzare un esempio nell'opera “Ai giovani d’Italia” da Giuseppe Mazzini, patriota, politico e filosofo italiano nato nella Repubblica Ligure annessa al Primo Impero Francese, il quale raccontava così l’incoronazione di Carlo V a Bologna:
“E i primi che firmarono questo patto abominevole furono un imperatore di quella maledetta casa in Europa, che gli uomini chiamano d’Austria, e uno di quelli vicarii del genio del male di cui abbiamo appena parlato (Papa Clemente Vil). E lo avevano firmato sopra il cadavere di una delle più generose delle nostre città, l’ultima che aveva conservato in Italia la fiamma della vita libera”.
Più terribile che la visione negativa fu la caratterizzazione di abulia e apatia assegnata in quel periodo. Da loro nacque il distacco, soprattutto nel Mezzogiorno, che dopo l’unificazione correva il pericolo di essere uno spazio spogliato della sua personalità storica, diventando uno scenario secondario e passivo.
Ma, per essere più vicino alla verità, dobbiamo dire che non tutti gli storici si erano dimenticati del sud. Già, negli anni’30 del XX secolo, storici come Benedetto Croce avevano reintrodotto il sud nel primo piano della Storia italiana. Le sue idee sono rimaste vive fino al rinnovo straordinario degli anni’80, e da quel tempo, tanto l’idea di decadenza, quanto la percezione negativa dell’egemonia spagnola si sono modificate sensibilmente: Innanzitutto perché il più significativo di quel periodo non è così la sottomissione politica dell’Italia come lo sviluppo del principio monarchico e la Corte come asse della vita politica sociale (dove gli spagnoli sono stati più apprendisti che maestri), perché l’Italia esercitò una supremazia culturale incontestabile, in modo tale che la produzione interculturale, culturale o artistica sia stata assorbita dalle dominanti. Per finire questa prima parte, possiamo dire che Madrid non poté mai sostituirsi a Roma come testa politica della Penisola Italiana.
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